Il mondo alla roversa o sia Le donne che comandano, libretto, Monaco, Vötter, 1758

 EUGENIA
 Non lo curo, signore...
 TRITEMIO
                                          Ed io comando
 che tu prender lo debba; il ricusarlo
765sarebbe una insolenza.
 EUGENIA
 Dunque lo prenderò per obbedienza. (Prende il gioiello)
 Ma... vi chiedo perdono,
 non mi piace, nol voglio; a te lo dono. (Lo dà a Lesbina)
 LESBINA
 Grazie. (Lo prende)
 TRITEMIO
                  Rendilo a me. (A Lesbina)
 LESBINA
                                              Signor padrone,
770sentite una parola.
 (Se la vostra figliuola
 è meco generosa,
 lo fa perché di voi mi brama sposa). (Piano a Tritemio)
 TRITEMIO
 (Lo crederò?) (A Lesbina)
 LESBINA
                             Signora,
775non è ver che bramate
 che sposa io sia? Nel darmi queste gioie,
 confessatelo pur, vostro pensiero
 non è che sposa sia Lesbina?
 EUGENIA
                                                       È vero.
 TRITEMIO
 E tu che dici? (A Lesbina)
 LESBINA
                             Io dico
780che se il destino amico
 seconderà il disegno,
 le gioie accetto e accetterò l’impegno.
 
    Sarei bene una stolta, una pazza
 se allo sposo dicessi di no.
 
785   Sì signore, per una ragazza
 miglior bene trovare non so.
 
    Se mi dice lo sposo: «Son qui»;
 presto, presto rispondo: «Gnorsì».
 
    Non vi è pericolo
790che questo articolo
 m’abbia a confondere;
 voglio rispondere
 sempre così. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 EUGENIA e DON TRITEMIO
 
 TRITEMIO
 Dunque giacché lo sai, tel dico anch’io;
795è questi il pensier mio;
 dopocché tu sarai fatta la sposa,
 anch’io mi sposerò questa fanciulla.
 Piangi! Sospiri! E non rispondi nulla?
 Son stanco di soffrirti.
800Oggi darai la man. S’ha da finire.
 Se sei pazza, non vuo’ teco impazzire. (Parte)
 EUGENIA
 Pazza a ragion mi chiama
 il genitor crudele,
 se in faccia al mio fedele, al mio diletto,
805ho tradito l’affetto
 per celar follemente in sen l’arcano
 ed or mi lagno ed or sospiro invano.
 
    Infelice, abbandonata
 mi vedete eterni dei,
810nell’orror de’ mali miei
 son costretta a palpitar.
 
    Pur se voi d’amica stella
 scintillar mi fate un raggio,
 io ripiglio il mio coraggio
815e comincio a respirar. (Parte)
 
 SCENA XII
 
 Campagna.
 
 NARDO, suonando il chitarrino e cantando, e poi RINALDO
 
 NARDO
 
    Amor, se vuoi così,
 quel che tu vuoi farò,
 io mi accompagnerò
 in pace e sanità.
820Ma la mia libertà
 perciò non perderò.
 Penare? Signor no;
 soffrir? Gridare? Oibò.
 
    Voglio cantare,
825voglio suonare,
 voglio godere
 fin che si può.
 
 RINALDO
 Galantuomo, siete voi
 quello che Nardo ha nome?
 NARDO
                                                    Signorsì.
 RINALDO
830Cerco appunto di voi.
 NARDO
                                          Eccomi qui.
 RINALDO
 Ditemi; è ver che voi
 aveste la parola
 da don Tritemio per la sua figliuola?
 NARDO
 Sì signore, l’ho avuta;
835la ragazza ho veduta;
 mi piace il viso bello
 e le ho dato stamane anco l’anello.
 RINALDO
 Sapete voi qual dote
 recherà con tai nozze al suo consorte?
 NARDO
840Ancor nol so...
 RINALDO
                             Colpi, ferite e morte.
 NARDO
 Bagatelle! signor. E su qual banco
 investita sarà, padrone mio?
 RINALDO
 Sul dorso vostro e il pagator son io.
 NARDO
 Buono! Si può sapere,
845almen per cortesia,
 perché vussignoria
 con generosità
 allo sposo vuol far tal carità!
 RINALDO
 Perché di don Tritemio
850amo anch’io la figliuola,
 perché fu da lei stessa
 la sua fede promessa a me suo sposo,
 perché le siete voi troppo odioso.
 NARDO
 Dite davver?
 RINALDO
                           Non mentono i miei pari.
 NARDO
855E i pari miei non sanno
 per puntiglio sposare il lor malanno.
 Se la figlia vi vuol, vi prenda pure.
 Se mi burla e mi sprezza, io non ci penso.
 So anch’io con la ragion vincere il senso.
860Vi ringrazio d’avermi
 avvisato per tempo;
 ve la cedo, signor, per parte mia,
 che già di donne non v’è carestia.
 RINALDO
 Ragionevole siete
865giustamente dal popolo stimato,
 filosofo chiamato con ragione,
 superando sì presto la passione.
 Voi l’avete ceduta. A don Tritemio
 la cosa narrerò tutta com’è
870e se contrasta, avrà da far con me. (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 NARDO, poi LESBINA
 
 NARDO
 Pazzo sarei davvero,
 se a costo d’una lite,
 se a costo di temere anche la morte
 procurar mi volessi una consorte.
875Amo la vita assai;
 fuggo, se posso, i guai;
 bramo sempre la pace in casa mia
 e non intendo altra filosofia.
 LESBINA
 Sposo, ben obbligata;
880m’avete regalata.
 Anch’io quando potrò
 qualche cosetta vi regalerò.
 NARDO
 No no, figliuola cara,
 dispensatevi pur da tal finezza.
885Quand’ho un poco di bene, mi consolo
 ma quel poco di ben lo voglio solo.
 LESBINA
 Che dite? Io non v’intendo.
 NARDO
                                                    Chiaramente
 dunque mi spiegherò;
 siete impegnata, il so, con altro amico.
890E a me di voi non me n’importa un fico.
 LESBINA
 V’ingannate, lo giuro. E chi è codesto
 con cui da me si crede
 impegnata la fede?
 NARDO
                                      È un forestiero
 che mi par cavaliero,
895giovane, risoluto, ardito e caldo.
 LESBINA
 (Ora intendo il mister; sarà Rinaldo).
 Credetemi, v’inganna.
 Vostra sono, il sarò, ve l’assicuro;
 a tutti i numi il giuro;
900non ho ad alcuno l’amor mio promesso,
 son ragazza e ad amar principio adesso.
 NARDO
 Eppure in questo loco
 tutt’amor, tutto foco
 sostenne il cavaliero
905che voi siete sua sposa.
 LESBINA
                                             Ah non è vero.
 Di mendace e infedel non vuo’ la taccia.
 Lo sosterrò di tutto il mondo in faccia.
 Qualch’error vi sarà, ve lo protesto.
 Tenero cuore onesto
910per voi serbo nel petto;
 ardo solo per voi di puro affetto.
 NARDO
 (Impossibile par ch’ella m’inganni).
 LESBINA
 Tenera sono d’anni
 ma ho cervello che basta e so ben io
915che divider amor non può il cuor mio.
 Voi siete il mio sposino
 e se amico destino a voi mi dona
 anche un re lascierei con la corona.
 NARDO
 S’ella fosse così...
 LESBINA
                                  Così è purtroppo.
920Ma voi siete pentito
 d’essere mio marito,
 qualch’altra donna amate
 e per questo, crudel, mi discacciate.
 NARDO
 No, ben mio, no, carina;
925siete la mia sposina; e se colui
 o s’inganna o m’inganna o fu ingannato,
 dell’inganno sarà disingannato.
 LESBINA
 Dunque mi amate?
 NARDO
                                       Sì, v’amo di core.
 LESBINA
 Siete l’idolo mio.
 NARDO
                                  Siete il mio amore.
 
 SCENA XIV
 
 LA LENA e detti
 
 LENA
930Signor zio, signor zio, che cosa fate?
 Lontano discacciate
 colei che d’ingannarvi ora s’impegna;
 d’essere vostra sposa non è degna.
 LESBINA
 (Qualche imbroglio novello).
 NARDO
                                                       Ha forse altrui
935data la fé di sposa?
 LENA
                                      Eh, signor no.
 Quel ch’io dico lo so per cosa vera;
 ella di don Tritemio è cameriera.
 LESBINA
 (Ah maledetta!)
 NARDO
                                 È ver quel ch’ella dice? (A Lesbina)
 LESBINA
 Ah misera, infelice!
940Compatite se tanto
 amor mi rese ardita.
 Finsi il grado, egli è ver, perché v’adoro,
 per voi languisco e moro.
 Confesso il mio fallire;
945ma voglio essere vostra oppur morire.
 NARDO
 Poverina!
 LENA
                     Vi pare
 che convenga sposare
 a un uomo come voi femmina tale?
 NARDO
 Non ci vedo alcun male.
950Per me nel vostro sesso
 serva o padrona sia, tutt’è lo stesso.
 LESBINA
 Deh per pietà donate
 perdono all’error mio.
 NARDO
 Se mi amate di cor, v’adoro anch’io.
955Per me sostengo e dico,
 ed ho la mia ragione,
 che sia la condizione un accidente.
 Sposar una servente
 che cosa importa a me, se è bella e buona?
960Peggio è assai s’è cattiva una padrona.
 
    Se non è nata nobile
 che cosa importa a me?
 Di donna il miglior mobile
 la civiltà non è.
965Il primo è l’onestà;
 secondo è la beltà;
 il terzo è la creanza;
 il quarto è l’abbondanza;
 il quinto è la virtù;
970ma non si usa più.
 
    Servetta graziosa,
 sarai la mia sposa,
 sarai la vezzosa
 padrona di me. (Parte)
 
 SCENA XV
 
 LESBINA e LA LENA
 
 LENA
975(Mio zio, ricco sfondato,
 non si puole scordar che vile è nato).
 LESBINA
 Signora, mi rincresce
 ch’ella sarà nipote
 d’una senza natali e senza dote.
 LENA
980Certo che il zio poteva
 maritarsi con meglio proprietà.
 LESBINA
 Che nella nobiltà
 resti pregiudicato
 certamente è un peccato. Imparentarmi
985arrossire dovrei
 con una contadina come lei.
 LENA
 Son contadina, è vero,
 ma d’accasarmi spero
 con un uomo civil, poiché del pari
990talor di nobiltà vanno i denari.
 LESBINA
 Udita ho una novella
 d’un somar che solea
 con pelle di leone andar coperto
 ma poi dal suo ragghiar l’hanno scoperto.
995Così voi vi coprite
 talor con i denari
 ma siete nel parlar sempre somari. (Parte)
 
 SCENA XVI
 
 LA LENA sola
 
 LENA
 Se fosse in casa mia
 questa signora zia, confesso il vero,
1000non vi starei con essa un giorno intero.
 Sprezza la contadina;
 vuol far da cittadina,
 perché nata in città per accidente,
 perché bene sa far l’impertinente.
1005Eppur quando ci penso,
 bella vita è la nostra ed onorata!
 Sono alla sorte ingrata
 allorché mi lamento
 d’uno stato ripien d’ogni contento.
 
1010   La pastorella al prato
 col gregge se ne va,
 con l’agnelline allato
 cantando in libertà.
 
    Se l’innocente amore
1015gradisce il suo pastore,
 la bella pastorella
 contenta ognor sarà. (Parte)
 
 SCENA XVII
 
 Camera in casa di don Tritemio.
 
 DON TRITEMIO e LESBINA
 
 TRITEMIO
 Che ardir, che petulanza!
 Questo signor Rinaldo è un temerario.
1020Gli ho detto civilmente
 ch’Eugenia è data via;
 egli viene a bravarmi in casa mia?
 LESBINA
 Povero innamorato!
 Lo compatisco.
 TRITEMIO
                              Brava!
1025Lo compatisci?
 LESBINA
                               Anch’io
 d’amor provo il desio,
 desio però modesto
 e se altrui compatisco, egli è per questo.
 TRITEMIO
 Ami ancor tu, Lesbina?
 LESBINA
                                             Da questi occhi
1030lo potete arguire.
 TRITEMIO
 Ma chi?
 LESBINA
                  Basta... (Guardando pietosamente don Tritemio)
 TRITEMIO
                                  Ma chi?
 LESBINA
                                                   Nol posso dire. (Mostrando vergognarsi)
 TRITEMIO
 Eh t’intendo, furbetta;
 basta, Lesbina, aspetta
 ch’Eugenia se ne vada
1035a fare i fatti suoi
 ed allor penseremo anche per noi.
 LESBINA
 Per me come per lei
 si potrebbe pensar nel tempo stesso.
 TRITEMIO
 Via, pensiamoci adesso.
1040Quando il notaro viene,
 ch’ho mandato a chiamar per la figliuola,
 farem due cose in una volta sola.
 LESBINA
 Ecco il notaro appunto;
 e vi è Nardo con lui.
 TRITEMIO
                                       Vengono a tempo.
1045Vado a prender Eugenia; in un momento
 farem due matrimoni e un istrumento. (Parte)
 
 SCENA XVIII
 
 LESBINA, poi NARDO e CAPOCCHIO notaro, poi DON TRITEMIO
 
 LESBINA
 Oh, se sapessi il modo
 di burlar il padron, far lo vorrei.
 Basta, m’ingegnerò;
1050tutto quel che so far, tutto farò.
 NARDO
 Lesbina, eccoci qui; se don Tritemio
 ci ha mandati a chiamar perch’io vi sposi,
 lo farò volentier ma non vorrei
 che vi nascesse qualche parapiglia,
1055qualche imbroglio novel tra serva e figlia.
 LESBINA
 La cosa è accomodata;
 la figliuola sposata
 sarà col cavalier che voi sapete
 ed io vostra sarò, se mi volete.
 NARDO
1060Don Tritemio dov’è?
 LESBINA
                                         Verrà a momenti.
 Signor notaro, intanto
 prepari bello e fatto
 per un paio di nozze il suo contratto.
 CAPOCCHIO
 Come? Un contratto solo
1065per doppie nozze? Oibò.
 Due contratti farò, se piace a lei,
 che non vuo’ dimezzar gli utili miei.
 LESBINA
 Ma facendone un solo
 fate più presto e avrete doppia paga.
 CAPOCCHIO
1070Quand’è così, questa ragion m’appaga.
 NARDO
 Mi piace questa gente,
 della ragione amica,
 ch’ama il guadagno ed odia la fatica.
 LESBINA
 Presto dunque, signore.
1075Finché viene il padrone
 a scriver principiate.
 CAPOCCHIO
 Bene, principierò.
 Ma che ho da far?
 LESBINA
                                    Scrivete, io detterò.
 CAPOCCHIO
 
    In questo giorno, etcaetera,
1080dell’anno mille, etcaetera,
 promettono, si sposano...
 I nomi quali sono? (A Lesbina)
 
 LESBINA
 
 I nomi sono questi...
 (Ohimè viene il padron).
 
 TRITEMIO
1085Ehi, Lesbina?
 LESBINA
                             Signore.
 TRITEMIO
 Eugenia non ritrovo.
 Sai tu dov’ella sia?
 LESBINA
                                     No certamente.
 TRITEMIO
 Tornerò a ricercarla immantinente.
 Aspettate un momento,
1090signor notaro.
 LESBINA
                             Intanto
 lo faccio principiare. Io detto, ei scrive.
 TRITEMIO
 Benissimo.
 NARDO
                        La sposa
 non è Lesbina? (A don Tritemio)
 LESBINA
                                Certo;
 le spose sono due.
1095Una Eugenia si chiama, una Lesbina;
 con una scritturina
 due matrimoni si faranno, io spero;
 non è vero, padrone?
 TRITEMIO
                                         È vero, è vero. (Parte)
 LESBINA
 Presto, signor notar, via, seguitate.
 NARDO
1100Terminiamo l’affar.
 CAPOCCHIO
                                       Scrivo, dettate.
 
    In questo giorno, etcaetera,
 dell’anno mille, etcaetera,
 promettono, si sposano...
 I nomi quali sono?
 
 LESBINA
 
1105I nomi sono questi:
 Eugenia con Rinaldo
 dei conti di Pancaldo.
 
 NARDO
 
 Dei Trottoli Lesbina
 con Nardo Ricottina.
 
 CAPOCCHIO
 
1110Promettono, si sposano...
 La dote qual sarà?
 
 LESBINA
 
    La dote della figlia
 saranno mille scudi.
 
 CAPOCCHIO
 
 Eugenia mille scudi
1115pro dote cum etcaetera.
 
 NARDO
 
 La serva quanto avrà?
 
 LESBINA
 
 Scrivete. Della serva
 la dote eccola qua.
 
    Due mani assai leste
1120che tutto san far.
 
 NARDO
 
 Scrivete. Duemila
 si può calcolar.
 
 LESBINA
 
    Un occhio modesto,
 un animo onesto.
 
 NARDO
 
1125Scrivete. Seimila
 lo voglio apprezzar.
 
 LESBINA
 
    Scrivete. Una lingua
 che sa ben parlar.
 
 NARDO
 
 Fermate. Cassate.
1130Tremila per questo
 ne voglio levar.
 
 CAPOCCHIO
 
    Duemila, seimila,
 battuti tremila,
 saran cinquemila...
1135ma dite di che...
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
 Contenti ed affetti,
 diletti per me.
 
 A TRE
 
    Ciascuno lo crede,
 ciascuno lo vede
1140che dote di quella
 più bella non v’è.
 
 TRITEMIO
 
    Corpo di satanasso!
 Cieli, son disperato!
 Ah! M’hanno assassinato;
1145arde di sdegno il cor.
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
    Il contratto è bello e fatto.
 
 CAPOCCHIO
 
 Senta, senta, mio signor.
 
 TRITEMIO
 
    Dove la figlia è andata?
 Dove me l’han portata?
1150Empio Rinaldo indegno,
 perfido rapitor.
 
 CAPOCCHIO
 
    Senta, senta, mio signor.
 
 TRITEMIO
 
 Sospendete... Non sapete?
 Me l’ha fatta il traditor.
 
 LESBINA
 
1155   Dov’è Eugenia?
 
 TRITEMIO
 
                                   Non lo so.
 
 NARDO
 
 Se n’è ita?
 
 TRITEMIO
 
                       Se n’andò.
 
 CAPOCCHIO
 
 Due contratti?
 
 TRITEMIO
 
                              Signor no.
 
 CAPOCCHIO
 
    Casso Eugenia cum etcaetera.
 Non sapendosi etcaetera
1160se sia andata o no etcaetera.
 
 TUTTI
 
    Oh che caso, oh che avventura!
 Si sospenda la scrittura,
 che dappoi si finirà.
 
    Se la figlia fu involata,
1165a quest’ora è maritata;
 È presente la servente;
 quest’ancor si sposerà.
 
 Fine dell’atto secondo
 
 
 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Luogo campestre con casa rustica di Nardo.
 
 EUGENIA e RINALDO
 
 EUGENIA
 Misera! A che m’indusse
 un eccesso d’amor. Tremo, pavento.
1170Parlar mi sento al core,
 giustamente sdegnato, il genitore.
 RINALDO
 Datevi pace; alfine
 siete con chi v’adora;
 siete mia sposa.
 EUGENIA
                                Ah non lo sono ancora.
 RINALDO
1175Venite al tetto mio; colà potrassi
 compire al rito e con gli usati modi
 celebrare i sponsali.
 EUGENIA
                                       Ove s’intese
 che onesta figlia a celebrare andasse
 dello sposo in balia nozze furtive?
1180No, non fia ver, Rinaldo;
 ponetemi in sicuro;
 salvatemi l’onore
 o pentita ritorno al genitore.
 RINALDO
 Tutto farò per compiacervi, o cara;
1185eleggete l’albergo ove pensate
 d’essere più sicura.
 L’onor vostro mi cale, io n’avrò cura.
 
 SCENA II
 
 LA LENA di casa e detti
 
 LENA
 Questa, se non m’inganno,
 di don Tritemio è la figliuola.
 EUGENIA
                                                        Dite,
1190pastorella gentile, è albergo vostro
 questo di dove uscite?
 LENA
                                           Sì signora.
 EUGENIA
 Altri vi son?
 LENA
                          Per ora
 altri non v’è che io
 ed un uomo dabben qual è mio zio.
 EUGENIA
1195Siete voi maritata?
 LENA
 Sono fanciulla ancora
 ma d’esserla son stanca.
 RINALDO
 Sia malizia o innocenza, ella è assai franca.
 EUGENIA
 D’una grazia pregarvi
1200vorrei, se nol sdegnate.
 LENA
 Dite pur, comandate.
 EUGENIA
 Vorrei nel vostro tetto
 passar per un momento.
 LENA
 Sola passate pur, che mi contento.
 RINALDO
1205Perché sola? Son io,
 pastorella gentile, il di lei sposo.
 LENA
 Davvero? Compatite;
 ho ancor qualche sospetto.
 Perché non la menate al vostro tetto?
 RINALDO
1210Vi dirò...
 EUGENIA
                    Non ancora
 son contratti i sponsali.
 (Correr una bugia lasciar non voglio). (Da sé)
 LENA
 Me n’avvidi che v’era un qualche imbroglio.
 EUGENIA
 Deh per pietà vi prego...
 LENA
1215Che sì, che al genitore
 l’avete fatta bella?
 EUGENIA
 Amabil pastorella,
 voi non sapete al core
 quanto altero comandi il dio d’amore.
 LENA
1220(Mi fa pietà). Sentite,
 v’offro l’albergo mio ma con un patto
 che subito sul fatto
 in mia presenza e d’altro testimonio
 si faccia e si concluda il matrimonio.
 EUGENIA
1225Sì sì, ve lo prometto.
 Andiam nel vostro tetto, se vi aggrada.
 LENA
 Precedetemi voi; quella è la strada.
 EUGENIA
 Andiam, Rinaldo amato;
 l’innocente desio seconda il fato.
 
1230   Che mai più bramar poss’io?
 Più non chiamo ingiusto amore,
 mi son dolci le sue pene,
 s’è costante il caro bene
 nel serbarmi fedeltà. (Parte)
 
 SCENA III
 
 RINALDO e LA LENA
 
 RINALDO
1235Ninfa gentile, al vostro cor son grato,
 in braccio al mio contento
 per voi anderò... (In atto di partire)
 LENA
                                  Fermatevi un momento.
 Se grato esser volete,
 qualche cosa potete
1240fare ancora per me.
 RINALDO
                                       Che non farei
 per chi fu sì pietosa a’ desir miei?
 LENA
 Son contadina, è vero,
 ma ho massime civili e buona dote;
 son di Nardo nipote;
1245maritarmi vorrei con civiltà.
 Da voi, che siete un cavalier compito,
 secondo il genio mio spero un marito.
 RINALDO
 Ritrovar si potrà.
 LENA
                                  Ma fate presto;
 se troppo in casa resto
1250col zio, che poco pensa alla nipote,
 perdo e consumo invan la miglior dote.
 
    Ogn’anno passa un anno,
 l’età non torna più;
 passar la gioventù
1255io non vorrei così.
 Ci penso notte e dì.
 
    Vorrei un giovinetto,
 civile e graziosetto,
 che non dicesse un no,
1260quand’io gli chiedo un sì. (Entra nella casa suddetta)
 
 SCENA IV
 
 RINALDO solo
 
 RINALDO
 Di Nardo nell’albergo,
 che fu già mio rival, ci porta il fato
 ma Nardo ho ritrovato
 meco condiscendente e non pavento
1265ed ho cuor d’incontrare ogni cimento. (Entra nella casa suddetta)
 
 SCENA V
 
 DON TRITEMIO e poi LA LENA
 
 TRITEMIO
 Figlia, figlia sgraziata,
 dove sei? Non ti trovo. Ah se Rinaldo
 mi capita alle mani,
 lo vuo’ sbranar, come fa l’orso i cani.
1270Invan l’ho ricercato al proprio albergo.
 Sa il cielo se il briccon se l’ha nascosta
 o se via l’ha menata per la posta.
 Son fuor di me; son pieno
 di rabbia e di veleno.
1275Se li trovassi, li farei pentire.
 Li vuo’ trovar, se credo di morire.
 LENA
 Signor, che cosa avete
 che sulle furie siete?
 Fin là dentro ho sentito
1280che siete malamente inviperito.
 TRITEMIO
 Ah! Son assassinato.
 M’han la figlia involato;
 non la trovo, non so dov’ella sia.
 LENA
 E non vi è altro?
 TRITEMIO
                                 Una minchioneria!
 LENA
1285Eugenia vostra figlia
 è in sicuro, signor, ve lo prometto.
 È con lo sposo suo nel nostro tetto.
 TRITEMIO
 Là dentro?
 LENA
                       Signorsì.
 TRITEMIO
 Con lo sposo?
 LENA
                            Con lui.
 TRITEMIO
                                             Ma Nardo dunque...
 LENA
1290Nardo, mio zio, l’ha caro.
 Per ordin suo vuo a prender il notaro. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 DON TRITEMIO, poi NARDO
 
 TRITEMIO
 Oh questa sì ch’è bella!
 Nardo, a cui l’ho promessa,
 me l’ha fatta involar? Per qual ragione?
1295Sì sì, l’ha fatta da politicone.
 Eugenia non voleva...
 Rinaldo pretendeva...
 Ei l’ha menata via.
 Anche questa sarà filosofia.
 NARDO
1300Io crepo dalle risa.
 Oh che caso ridicolo e giocondo!
 Oh che gabbia di pazzi è questo mondo!
 TRITEMIO
 (Eccolo qui l’amico). (Vedendo Nardo)
 NARDO
                                         (Ecco il buon padre).
 TRITEMIO
 Galantuomo, che fa la figlia mia?
 NARDO
1305Bene, al comando di vussignoria.
 TRITEMIO
 Rapirmela mi pare
 una bella insolenza.
 NARDO
 La cosa è fatta e vi vorrà pazienza.
 TRITEMIO
 E lei, quella sfacciata,
1310cosa dice di me?
 NARDO
                                 Non dice niente.
 TRITEMIO
 Non teme il padre?
 NARDO
                                      Non l’ha neanco in mente.
 TRITEMIO
 Basta, chi ha fatto il male
 farà la penitenza.
 Dote non ne darò certo, certissimo.
 NARDO
1315Sì sì, fate benissimo.
 Stimo quei genitori,
 cui profittan de’ figli anco gli errori.
 TRITEMIO
 Dov’è? La vuo’ veder.
 NARDO
                                          Per ora no.